La tecarterapia viene ampiamente offerta negli studi di fisioterapia. Qui finalmente un articolo basato su studi scientifici che accerta questo:
"La tecarterapia è una metodica che si basa su una teoria fisica discutibile, su studi scientifici sull’uomo praticamente inesistenti e completamente sconosciuta ai massimi esperti mondiali. Il suo meccanismo d’azione è verosimilmente dovuto ad un elaborato effetto placebo sul paziente e sul terapista."
Al mio parere essa non è solo discutibile perché considerato placebo, ma al contrario è dannosa a lungo termine, provocando in seguito all'effetto miorilassante da ipertermia - percepito benefico - dei fenomeni di riparazione selvaggia del tessuto fasciale tipicamente lacerato nelle lesioni muscolo - fasciali, creando delle strutture a ragnatela non più con l'andamento longitudinale tipica delle fasce. Questo fenomeno fa tornare la contrattura e il dolore riferito a livello muscolare e rende il paziente terapia - dipendente. Questo spiega le serie ripetute della tecar come anche dei fanghi e di altre applicazioni che alla fine altro che fanno che produrre calore.
Riporto qui un articolo che svela l'enigma della tecarterapia.
La tecarterapia funziona? Vediamo cosa dicono gli studi
Da circa 20 anni l'ortopedia propone la cosiddetta "toilette" artroscopica del ginocchio in casi di dolori e versamenti anche in assenza di lesioni gravi dei legamenti e menischi al fine di eseguire la pulizia dell'articolazione da adesioni e irregolarità delle superfici cartilaginee e meniscali.
Inizialmente fu considerata la via maestra nelle terapie delle affezioni suddette del ginocchio fino ad arrivare a degenerazioni più gravi e per spostare avanti la soglia, al di là della quale è necessaria la sostituzione protesica ( artrosi IV) .
Ebbene questa enfasi nel frattempo è rientrata decisamente come dimostra la statistica allegata.
Questa statistica corrisponde anche alla mia esperienza e percorso. Davo molta fiducia alla "toilette" artroscopica del ginocchio in casi di condropatia e lesioni leggeri dei menischi. Il chirurgo ama lo "shaving " delle superficie e l'eliminazione di adesioni.
In effetti i pazienti dopo un iniziale miglioramento recidivavano tutti e si trovavano con la cartilagine ancora più assottigliata . Terapie più cruenti furono in genere la conseguenza. Purtroppo ancor'oggi questo hype non è stato del tutto superato.
Il mio protocollo terapeutico attuale prevede un approccio funzionale in quanto metto in asse il ginocchio con la RIPROGRAMMAZIONE POSTURALE e parallelamente eseguo una terapia condroprotettiva con integratori che stimolano la crescita della cartilagine affiancata da iniezioni di acido ialuronico, destinato a proteggere il risultato ottenuto.
Al mio parere è questa la via maestra da eseguire per curare il curabile e prevenire il peggioramento agli stadi più degenerati.
In caso di distruzione del ginocchio ci vuole la protesi. Menischi seriamente danneggiati vanno pure sistemati, giustamente per via artroscopca.
La " osteopatia del dolore" , che si nasconde dietro la sigla FDM ( Faszien -Distorsions - Modell ), fu ideata dal osteopata americano Steven Typaldos.
Questo modello è straordinario perché anziché seguire una diagnosi classica effettuata con i mezzi soliti e di natura statica e strutturale ci si basa su ciò che comunica il paziente. Il modello FDM si rivolge ai medici, agli osteopati, ai terapeuti, ai fisioterapisti.
Capita sovente di trattare gente operata di ernia del disco che continua a presentare sintomi identici a prima dell'intervento oppure pazienti con la sindrome del tunnel carpale o bloccati nella dolorosa condizione delle spalle congelate. Il modello FDM ha lo straordinario vantaggio di dare la possibilità di intervento direttamente laddove il paziente manifesta il dolore, il formicolio, la rigidità ecc. e il bello è, che lo dimostra con il suo individuale linguaggio corporeo, senza dover spiegare, ripetere gli slogan degli specialisti, le diagnosi presunte fatte in precedenza ecc. Se esso si tocca una parte del suo corpo con la mano estesa, si punta addosso un dito oppure si struscia con la mano, l'esperto di FDM già ha una diagnosi e il relativo trattamento che le segue. Alcuni esempi di auto - diagnosi all'insaputa del paziente:
Per me la FDM è diventata un arma insostituibile per cancellare all'istante una grande parte di dolori e tensioni causate dalle fasce. Mentre il dominio della chiropratica è di risistemare l'equilibrio del rachide e delle sue articolazioni, con il quale trattamento si attenuano le tensioni del sistema fasciale, non sempre però in modo completo. Ed ecco che interviene la FDM per garantire un successo integrale.
Bellissima rappresentazione del mondo delle fasce a cui si appellano in ultima analisi tutte le terapie indirizzate al miglioramento posturale.
"Secondo questa analisi la insoddisfacente risposta ad una protesi totale di ginocchio può dipendere dalla presenza di problemi ortopedici in sedi differenti dal ginocchio sottoposto a protesi (anca, rachide lombare, ginocchio controlaterale)" Questa è la conclusione del Journal of Bone and Joint Surgery nella sua valutazione della realtà impiantologica di protesi del ginocchio.
Ecco una altra lezione, che procedimenti sostanzialmente utili non vengono pianificati con cura ed innanzitutto con orientamento olistico. Ogni dolore riferito a un ginocchio o a un qualsiasi altra articolazione dovrebbe essere preventivamente diagnosticata da un operatore dell'ambito della medicina manuale e funzionale. Certamente offre l'impianto protesico in casi limiti di assoluta distruzione del giunto un opportunità per il paziente di riacquistare mobilità e benessere. Ma tante volte, come lo afferma questo studio, il motivo per il deterioramento in questo caso del ginocchio trova le sue ragioni in uno squilibrio di ben altro tipo. Si può trattare di un appoggio viziato dovuto a squilibrio posturale, a rigidità dell'anca, a lesioni della rotula, che reca dei dolori, che possono assomigliare a una patologia del vero ginocchio (articolazione femore - tibiale e peroniero ).
Con trattamenti chiropratici - osteopatici integrati con medicinali condroprotettivi ed iniezioni endoarticolari di acido ialuronico ha potuto rimediare a tante patologie del ginocchio che altrimenti prima o poi sarebbero andati incontro a sostituzione protesica.
Riporto qui lo studio del Journal of Bone and Joint Surgery:
I pazienti che vengono sottoposti a protesi totale di ginocchio (PTG) indubbiamente riferiscono una diminuzione o scomparsa del dolore ed un recupero più o meno completo della funzionalità articolare; ma spesso i risultati sono inferiori alle aspettative. In questo studio di coorte si è cercato di stabilire se i risultati non ottimali possano dipendere da eventuali problemi ortopedici concomitanti in 180 soggetti sottoposti a PTG.
Prima dell’intervento circa la metà dei pazienti accusava dolore articolare moderato o grave ad una o ad entrambe le anche, al ginocchio controlaterale o alla regione lombare. Con analisi aggiustate per età, sesso e BMI, la presenza del dolore in una di queste sedi prima dell’intervento si è associata ad un esito scarso della ripresa della funzionalità dopo PTG. In generale, maggiore era il dolore al di fuori del ginocchio sottoposto ad intervento oppure più numerosi erano i siti dolorosi extra-ginocchio e minore è stata la ripresa della funzionalità articolare.
Il commento a questo articolo:
Secondo questa analisi la insoddisfacente risposta ad una PTG dipende dalla presenza di problemi ortopedici in sedi differenti dal ginocchio sottoposto a protesi (anca, rachide lombare, ginocchio controlaterale). Occorre quindi una accurata valutazione ortopedica dei pazienti destinati a PTG e, se eventualmente si trova indicazione anche a protesi totale di anca, quest’ultima deve precedere l’intervento al ginocchio, per evitare delusioni nel paziente e nel medico operatore.
Bibliografia:
Ayers DC et al. Patient-reported outcomes after total knee replacement vary on the basis of preoperative coexisting disease in the lumbar spine and other nonoperatively treated joints: The need for a musculoskeletal comorbidity index. Journal of Bone & Joint Surgery ed. American 2013 Oct 16; 95:1833
Spesse volte la gente che cerca aiuto per disturbi di rachide ed articolazioni periferiche non sa, a chi si rivolgere.
Primo approccio in genere è l’ortopedico, medico convenzionato con il SSN. Qui si cerca di fare diagnosi con l’ispezione e tramite l’esecuzione di accertamento RX, TAC , risonanza magnetica , ecografia.
La professione dell’ortopedico appartiene al campo della chirurgia. Perciò la sua visione e la sua ricerca di trovare risposte nei suoi accertamenti sono indirizzati all’assetto strutturale del paziente e meno a quello funzionale, energetico e rivolti magari a capire gli elementi di comunicazione delle varie parti dell’organismo. Si valutano quindi alterazioni morfologiche delle strutture portanti, si cercano ernie, sporgenze, usure, strettezze di canali e quant’altro. Si da l’importanza predominate ai vari quadri radiologici seguendo nel ragionamento diagnostico a tutto quello che si differenzi da una norma statistica.
Conseguenza diretta di questo atteggiamento è il credo dell’ortopedico, che sostanzialmente è l’intervento chirurgico il procedimento più efficace a riportare le alterazioni patologiche a una norma condivisibile. Sottovaluta assolutamente ogni discorso di tipo funzionale e prescrive cure di semplice effetto antidolorifico ed antinfiammatorio in attesa di una autoguarigione del paziente oppure del momento di intervenire chirurgicamente secondo la logica descritta in precedenza.
Il concetto dell’ortopedico del fisico è quella della macchina, che va trattata dal carrozziere.
L’approccio dell’ortopedico è quindi diverso dalle varie tipologie che rappresentano la “ medicina manuale”, l’agopuntura, neuralterapia e quant’altro.
Gli esecutori che rientrano in questa specie hanno in comune l’approccio non invasivo, l’intento di riportare equilibri persi, di ripristinare funzioni e di compensare difetti anche di tipo organico- strutturale con metodiche che non si fermano lì dove il referto radiologico mostra l’alterazione, come l’ernia o la sporgenza ossea (spondilofita) , ma cercano di aggirare l’ostacolo e di reintegrare le varie parti compromesse in modo tale, che alla fine torni un movimento sufficientemente libero e poco dolente dell’articolazione lesa.
Segue a questa impostazione :
- Il massaggiatore:
costui agisce a livello muscolare, cerca di sciogliere contratture e gelosi e di dare sollievo al paziente offrendo distensione, benessere e aumento della mobilità.
Lavorando solo e prettamente a livello muscolare e non tenendo conto delle altre interferenze che determinano il gioco muscolare, il massaggio rappresenta l’anello più debole della “medicina manuale”, i suoi risultati in genere non sono duraturi e non adatti a risolvere problemi di maggiore rilievo.
- Il fisioterapista
Questa tipologia di lavoro manuale rappresenta il secondo livello del quadro.
Lui interviene a livello delle funzioni perse, nel campo della riabilitazione postoperatoria, neurologica, ortopedica ecc. e sfrutta tecniche di rinforzo ginnastico, di distensione muscolare, capsulare e fasciale, di attivare e controllare riflessi neurologici, tutto sommato procedimenti adatti per riportare mobilità e riduzione del dolore. La fisioterapia ha la sua forza soprattutto nel campo della riabilitazione, affrontando pazienti che hanno perso una grande parte delle loro capacità motorie , magari degenti, fortemente traumatizzati ecc. Le sedute sono ripetitive e spesso di grande frequenza.
- L’osteopata
Il sistema di comunicazione principale del corpo umano è accanto al sistema nervoso il sistema delle fasce.
Queste cuticole, che avvolgono organi e muscoli, si inseriscono sulle ossa, sono connesse fra di loro, autonomi, con movimenti integrati, che contengono anche le meningi, la pleura e il peritoneo, rappresentano uno scheletro con una spiccata variabilità attraversano tutto l’organismo e fanno comunicare all’istante parti anche molto distanti fra di loro come ad esempio capo e piedi. Il sistema delle fasce possiede una frequenza di battito, tipico anche per cuore e respirazione.
Questo sistema offre quindi una base di regolazione per muscoli, articolazioni e organi. Un arto poco mobile, un muscolo bloccato e non allenabile, un settore teso e contratto, che non reagisce ne a massaggi ne allo stretching, tutti questi disordini trovano una loro concausa nella distorsione, lesione ed incongruenza delle fasce di riferimento.
Ecco che l’osteopata interviene a questo livello.
Si distinguono diversi modelli dell’osteopatia: esiste l’osteopatia viscerale con trattamento profondo ed indirizzato a risolvere disfunzioni di organi; l’osteopatia scheletrica lavora il rachide, gli arti, il mondo ortopedico; la terapia cranio-sacrale interviene sulle ossa che compongono il cranio e che stanno in rapporto con la funzione di tutta la colonna vertebrale emanando una frequenza di battito, che nel caso fisiologico prosegue nelle altre strutture subordinate in modo armonico. Il FDM ( modello delle distorsioni delle fasce ) a sua volta definisce tutta una serie di modi lesivi delle fasce che trovano seguito in terapie specifiche manuali e ripristinano qualora anche all’istante funzioni, ridanno distensione e tolgono dolore a livello del rachide.
- Il chiropratico
Questo operatore nel campo della medicina manuale agisce nel centro del rachide, a livello della vertebra e del rispettivo controllo segmentale oltre alle articolazioni del capo e degli arti. E’ la posizione vertebrale e articolare che nel contesto regola la tensione delle fasce, che propagano l’impulso in periferia. In questo modo si propagano anche le tensioni dovute a malposizioni vertebrali ed articolari, che disturbano lo svolgimento dell’attività corporea fino ai visceri e soprattutto al sistema nervoso. E’ il rachide nella sua complessità regolativa ora descritta, che funge da portale principale d’ingresso di afferenze di controllo del sistema nervoso, le cui attività ne vengono influenzate.
Quindi è il chiropratico che interviene a livello del rachide, dell’apparato locomotorio non solo per ridurrci dolori e tensioni ma svolge anche il ruolo di assicurare la perfezione del gioco delle parti per dare al sistema nervoso e agli organi riferimenti congrui.
Il chiropratico in genere non cambia la struttura, un ernia rimane principalmente un ernia , una degenerazione rimane tale, ma si fanno sentire meno, si aggira l’ostacolo, riprende la mobilità e la vita. Con il passare del tempo, ernie e strutture legamentose possono anche variare e perdere i loro impulsi lesivi.
- La posturologia
Essa rappresenta l’apice della piramide delle possibilità di riportare in sesto il rachide e il fisico di relazione.
Parte dal presupposto, che ci sono punti cardini, i recettori, che determinano la posizione di colonna ed arti, che interferiscono con la mobilità delle vertebre e delle fasce. La riprogrammazione posturale, che non appartiene più alle terapie manuali ma rappresenta un approccio neurologico, è in grado di risistemare l’equilibrio del corpo in seguito alla normalizzazione della funzione dei recettori, che sono gli occhi, i piedi, l’occlusione delle arcate dentali ed altri.
Conclusione: esiste un mondo di procedimenti funzionali capaci di energizzare, risistemare e riequilibrare il fisico. Non è l’unica terapia quella ortopedica meccanica e spesso invasiva, che oltre a non soddisfare alle esigenze della maggior parte delle patologie dell’apparato locomotore, crea spesso patologie in seguito ad interventi chirurgici, che possono essere evitati.
La rizoartrosi o artrosi trapezio-metacarpale è l'artrosi che colpisce l'articolazione carpo-metacarpale I della mano cioè l'articolazione della base del pollice.
La malattia è degenerativa e deteriora la cartilagine articolare con conseguente compromissione del movimento delle ossa interessate e insorgenza di dolore invalidante; con l'avanzare della malattia il dolore è più accentuato in corso di movimento ma può comparire anche a riposo. Il dolore è localizzato a livello della base del 1º dito della mano (pollice), ed è evocabile con la palpazione della zona interessata. Il paziente non riesce a fare la pinza con il pollice e l'indice causa il dolore. Con il passare del tempo si atrofizza la muscolatura che sostiene il pollice, il dolore diventa insopportabile al solo movimento dell'arto.
La diagnosi è clinica ovvero mediante visita medica specialistica ortopedica, e può essere confermata con l'esame radiografico mirato dell'articolazione trapezio-metacarpale.
La terapia tipica ortopedica prevede di mantenere a riposo l'articolazione mediante tutori appositi, inoltre trattamento con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) per via generale a pieno dosaggio per un periodo di tempo adeguato. È possibile anche la terapia infiltrativa intrarticolare, con corticosteroidi, che sono potenti antinfiammatori. Inoltre è spesso attuata anche la terapia fisica strumentale (ultrasuoni, ionoforesi, ecc.). Spesso viene richiesto il trattamento chirurgico mediante intervento di artroplastica, però raramente coronato di successo.
Nella diagnostica osteopatica si rilevano altri meccanismi patologici, quali distorsioni della fasce muscolari che sorreggono tutto il braccio da partire dalla colonna cervicale e dalla spalle per inserirsi sulle ossicini del pollice e le sue capsule. Queste fasce interconnesse fra di loro possono trasportare anche incongruenze dell'apparato masticatorio fino al pollice quali digrignamento e occlusione squilibrata.
La terapia osteopatica prevede innanzitutto la stabilizzazione dell'occlusione quando è necessario; poi porta in equilibrio le fasce del braccio a partire dalla colonna cervicale e dalla spalla con delle mosse simili al massaggio.
Mentre la rizoartrosi in mano ortopedica rimane invariata o peggiora nel tempo, in mano osteopatica al meno nelle prime tre di quattro fasi di sviluppo si ottiene un netto miglioramento fino alla completa scomparsa dei sintomi e del ripristino della muscolatura regressa.
La chirurgia in tutte le sue applicazioni ha senza alcun dubbio il merito di un approccio terapeutico essenziale.
Qualora l'indicazione per un procedimento invasivo sia certa - la cosiddetta indicazione assoluta - i procedimenti ormai sono standardizzati e i risultati in genere buoni e prevedibili. Questo presupposto riguarda le patologie acute e subacute innanzitutto nella chirurgia viscerale. Ad esempio senza dubbio in appendicite acuta, un carcinoma dell'intestino entro certi limiti, la calcolosi della cistifellea sintomatica sono diagnosi, soggette ad intervento chirurgico.
Quando la indicazione invece diventa relativa, è possibile intervenire ma magari ci sono altre vie di rimedio, i risultati della chirurgia non sono più accettabili. Questo concerne una grossa parte degli interventi ortopedici. Essi non solo non guariscono la patologia ma ne creano un successiva - la patologia iatrogenea dovuta alla chirurgia. Questa sempre ha caratteri di estrema cronicità, crea sofferenze per il paziente e costi per i vari tentativi riabilitativi seguenti.
Spesso e volentieri il risultato chirurgico sarà la malattia cronica. E' meglio cercare di eliminare i problemi della colonna in modo funzionale prima di aggiungere cicatrici e adesioni.
Le patologie vertebrali ed articolari sono il dominio della medicina funzionale fra cui in prima linea la chiropratica, l'osteopatia, la posturologia, l'agopuntura, la fisioterapia, l'allenamento specifico.
Ultimo esempio eclatante è un ragazzo a cui fu reciso il collo per togliere delle cartilagini scricchiolanti, senza alcun beneficio, in più ora c'è una larga cicatrice deturpante, in cui consiste ora la sua malattia. Prima si trattò di uno stato funzionale di ansia, contrazioni e movimenti del collo compulsivi. Prima si avrebbe potuto risolvere il fastidio con terapie funzionali e psicologiche, ora che la cicatrice e le adesioni fissano il piano muscolare alle cartilagini in questione, sarà duro trovare la via di rimedio. Ci stiamo lavorando.
Ergo: ogni paziente con malattia non acuta e senza un diretto rischio per la vita o la mancata guarigione in caso di attesa, a cui si consiglia frettolosamente un procedimento invasivo, dovrebbe sempre e comunque richiedere il parere in uno specialista nel campo della medicina funzionale.
La chiropratica in associazione con l’osteopatia è al mio avviso il metodo di eccellenza nella terapia del dolore del rachide acuto e cronico. In caso di avvenuta cronicizzazione dovuta a vizio posturale, responsabile di mantenere uno stato tensionale, spesso refrattario a terapie di ripristino funzionale, è da far seguire alla serie di mobilizzazioni e manipolazioni articolari la riprogrammazione posturale, al fine di ristabilire la funzione sintonica dei recettori d’ingresso dei segnali, indirizzati a sostenere il sistema posturale tonico.
Nonostante l’applicazione di questa triade efficacissima di trattamenti validi rimane uno scarto di stati dolorosi del 10%. Sono questi i casi dovuti ad alterazioni anatomiche gravi sia di natura degenerativa cronica sia dovuti a prolassi da ernia discale acuta. Quando si tratta di compromissione della radice di un nervo spinale con irritazione costante o di schiacciamento da parte della protrusione di materiale discale, consiglio di ricorrere a una seconda variante di terapia funzionale: la iniezione mirata peridurale. Questo procedimento risparmia alla stragrande maggioranza dei casi, che a loro volta rientrano nello scarto del 10% di insufficienza dell’approccio manuale, a dover ricorrere all’intervento chirurgico di decompressione radicolare, che dovrebbe rimanere opzione al caso disperato, che non ha potuto trovare sollievo delle tecniche descritte.
L’ iniezione mirata peridurale è un procedimento eseguito da centri specializzati appartenenti alla radiologia interventistica.
La terapia si svolge sotto controllo di un arco TAC soprapposto al paziente, con la quale l’esecutore possiede l’opportunità di misurare ed evidenziare la posizione di un ago (mandrino) metallico, che sotto anestesia cutanea viene spinto fino ad essere posizionato in assolata vicinanza della radice spinale. Ritraendo il mandrino si inietta tramite cannula plastica un deposito cortisonico in loco. Scopo di quest’infiltrazione è di eliminare l’edema infiammatorio, che generalmente si crea fra la punta discale e il nervo. Tolto quest’accumulo di liquido anche se di scarsa entità, si ottiene quello spazio di libertà fra le strutture, che rende possibile il rientro delle attività riflesse, che sono alla base delle contrazioni muscolari di difesa e con questo del dolore , delle tensioni e dell’incapacità di muoversi.
Il procedimento in mano all’esperto ed eseguito in ambiente adatto ha in genere pochi effetti indesiderati e un buon margine di successi per quei pazienti reduci di altre terapie non sufficienti. Andrebbe comunque anteposto all’approccio chirurgico, che al contrario è seguito sempre da stati che necessitano di guarigione, di riabilitazione e purtroppo in tanti casi non risolvono il problema o ne creano altri.
Nel panorama della medicina tecnica – industriale di oggi purtroppo la chirurgia tende ad essere sopravalutata per ragioni, che prescindono dall’aspetto medico in senso stretto!!
La mia esperienza personale di medico con un esperienza professionale di trent’anni nella terapia di patologie dolorose ortopediche, l’abbinamento della terapia radicolare tramite iniezione mirata per i pazienti scelti, reduci di tentativi terapeutici non di sufficiente efficacia, si è potuto evidenziare di notevole valore per ripristinare la funzionalità del rachide a livello sia lombare, sia cervicale.
Il mal di schiena è diventato un problema mondiale che affligge, prima o poi, circa il 90% della popolazione. Dal momento che, purtroppo, capiterà anche a noi dovremmo tutti imparare a riconoscere e a mantenere delle posizioni che non producano contratture muscolari e dolore e a compiere in modo corretto le azioni della vita quotidiana, evitando le posizioni articolari estreme, le posizioni fisse protratte e i movimenti rapidi che possono concorrere ad aumentare la probabilità di insorgenza o di ricomparsa degli episodi dolorosi.
Diventeremo di certo più elastici e restii ai dolori, quando ci sottoponiamo anche a scopo preventivo a un trattamento chiropratico e magari anche posturologico.
Ma comunque esistono delle regole per mantenere delle posizioni più o meno salutari ed esercizi, che ci rendono più stabili nella vita quotidiana.
Esercizi per collo, spalle e braccia.
Esercizi pratici per mantenersi in forma.
Il nostro corpo non è soltanto una macchina perfetta ma il risultato dell’insieme della parte strutturale, chimica e mentale. Alla struttura come alle nostre auto ogni tanto bisogna fare qualche ritocco, qualche riparazione per essere sicuri che tutto funzioni sempre perfettamente.
Varrebbe perciò la pena di ricordarsi il vecchio detto “meglio prevenire che guarire“. In effetti, spesso e volentieri, ci dimentichiamo che invece di fare tanto esercizio una volta alla settimana, sarebbe meglio farne regolarmente, tutti i giorni un po'
3 - Muscoli spalle e braccia:
Sdraiati sulla schiena, sollevare un leggero peso sulla testa e mantenendo il gomito teso portarlo su e giù delicatamente. Eseguire dieci volte, fare una pausa e, in seguito, ripetere per tre serie complete.
4 - Flessioni a pancia in giù, sollevare il corpo sulle braccia mantenendo il corpo diritto. Cominciare appoggiando le ginocchia e, in seguito, fare le flessioni sulla punta dei piedi. Tre serie da cinque flessioni.
5 - A pancia in giù, petto appoggiato a un cuscino. Sollevare la testa il più indietro possibile poi riportarla verso il pavimento. Eseguire dieci volte, pausa e ripetere tre serie complete.
6 - A pancia in su, schiena appoggiata a un cuscino. Sollevare la testa il più avanti possibile poi riportarla verso il pavimento. Eseguire dieci volte, pausa e ripetere tre serie complete
7 - In piedi, appoggiare una mano sulla spalla opposta. Con una leggera pressione della mano sulla spalla piegare la testa sul lato opposto; quando si avverte la tensione, mantenere la posizione per dieci secondi. Allentare la tensione, pausa e ripetere cinque volte da entrambi i lati.
- un carico esterno molto elevato, posizionato o sollevato in maniera corretta, comporta pressioni vertebrali notevolmente inferiori rispetto a un carico esterno molto basso posizionato o sollevato in modo non corretto;
- contrariamente a quanto generalmente si crede, anche alcune semplici posizioni o movimenti effettuati col solo carico naturale possono comportare delle notevoli pressioni sui dischi intervertebrali;
http://besport.org/sportmedicina/speciale_colonna_vertebrale.htm
Cos'è l'Osteopatia?
L'Osteopatia è una terapia manuale, complementare alla medicina classica. Tale metodica naturale e dolce tratta le varie patologie senza utilizzare farmaci, avvalendosi di un approccio sulla causa e non sintomatico; studia l'individuo nel suo complesso e non si accontenta di risolvere il sintomo, ma va alla ricerca della causa di ogni sofferenza che può trovare la sua localizzazione anche in un'altra zona del dolore.
Il termine “osteopatia” è stato coniato dal suo fondatore, il chirurgo americano Dr Andrew Taylor Still, che alla fine del XIX secolo scoprì le relazioni esistenti tra l’equilibrio funzionale dell’insieme delle strutture del corpo e la salute.
Il Dr Still, deluso dalla medicina tradizionale che non era riuscita a salvare i suoi tre figli colpiti dalla meningite, dopo aver osservato i guaritori indiani e sezionato numerosi cadaveri, elaborò una nuova concezione del corpo umano e un altro modo per curarlo. L’innovazione consiste in alcuni principi cardine di cui ancora l’osteopatia si avvale:
Unità del corpo
Relazione tra struttura e funzione
Autoguarigione
-- Unità del corpo: l’individuo è visto nella sua globalità come un sistema composto da muscoli, strutture scheletriche, organi interni che trovano il loro collegamento nei centri nervosi della colonna vertebrale. Ogni parte costituente la persona (psiche inclusa) è dipendente dalle altre e il corretto funzionamento di ognuna assicura quello dell’intera struttura: dunque, il benessere.
-- Relazione tra struttura e funzione: il Dr. Still concluse che l’osteopatia poteva riassumersi in un’unica frase “la struttura governa la funzione”. La perfezione di ogni funzione è legata alla perfezione della struttura portante, se tale equilibrio è alterato ci si trova di fronte a una disfunzione osteopatica, caratterizzata da una zona corporea in cui è andata persa la corretta mobilità. L’organismo reagirà a tale disequilibrio creando delle zone di compenso e di adattamenti corporei non favorevoli al benessere generale dell’organismo.
-- Autoguarigione: in osteopatia non è il terapeuta che guarisce, ma il suo ruolo è quello di eliminare gli “ostacoli” alle vie di comunicazione del corpo al fine di permettere all’organismo, sfruttando i propri fenomeni di autoregolazione, di raggiungere la guarigione. L’osteopatia mira a ristabilire l’armonia della struttura scheletrica di sostegno al fine di permettere all’organismo di poter trovare un proprio equilibrio ed un proprio benessere.
L’osteopatia si occupa principalmente dei problemi strutturali e meccanici di tipo muscolo-scheletrico a cui possono però associarsi delle alterazioni funzionali degli organi e visceri e del sistema craniosacrale. Una postura scorretta può provocare continui problemi quali pirosi (bruciori di stomaco), stipsi (stitichezza), dismenorrea (dolore mestruale), cefalea (mal di testa). Poiché in osteopatia si ha una visione olistica del corpo umano, è valida anche l’idea contraria: un problema funzionale organico-viscerale (dell’intestino, dell’apparato ginecologico ecc.) può provocare dei dolori di tipo''muscolo-scheletrico''.
L’osteopatia, grazie proprio ai principi su cui si basa, interviene su persone di tutte le età, dal neonato all’anziano, alla donna in gravidanza.Si rivela efficace in diversi disturbi che spesso affliggono l’individuo impedendogli di poter condurre una vita serena, disturbi come:
cervicalgie, lombalgie, sciatalgie, artrosi, discopatie, cefalee, dolori articolari e muscolari da traumi, alterazioni dell’equilibrio, nevralgie, stanchezza cronica, affezioni congestizie come otiti, sinusiti, disturbi ginecologici e digestivi...
Le tecniche osteopatiche
Il trattamento osteopatico può avvalersi di numerosi metodi e tecniche di trattamento. Gli osteopati le utilizzano indifferentemente in funzione delle necessità terapeutiche.
-- Trattamento osteopatico generale: applicazioni di particolari manovre di rilasciamento delle articolazioni e dei muscoli. Ha effetti non solo meccanici, ma soprattutto biochimici, in quanto stimola il corretto scambio di fluidi all’interno delle strutture trattate.
Una classificazione possibile è quella che fa riferimento a queste tre grandi famiglie:
-- Manipolazioni articolari: tecniche dirette che correggono le posizioni spaziali delle articolazioni secondo i loro assi di movimento. Hanno una forte influenza neurologica, oltre che puramente meccanica, in quanto favoriscono l’emissione di corretti impulsi dalle e alle terminazioni della parte trattata.
-- Manipolazioni viscerali: ristabiliscono la mobilità e la motilità (espressione della vitalità cellulare) di un organo. Queste tecniche consento di stimolare l’organo verso una corretta funzione, digestiva, di assorbimento o di espulsione, sia in un ambito più meccanico sia in ambito biochimico. Inoltre esiste da un punto di vista anatomico e funzionale una relazione tra i visceri e la struttura muscolo-scheletrica; una cattiva funzione della struttura (colonna vertebrale), può influenzare uno o più visceri e viceversa. Si possono trovare, in persone che soffrono di mal di schiena, problemi di mobilità del fegato, del colon, del rene o dell'utero. Il trattamento osteopatico mira, attraverso l'addome ed il diaframma, a ristabilire una buona mobilità viscerale.
-- Tecniche craniali: agiscono sul movimento di congruenza fra le ossa del cranio, andando ad agire a livello osseo, nervoso, meningeo e del liquor cefalorachidiano. Con queste tecniche si agisce in particolare sulla vitalità dell’organismo, qualità fondamentale che permette agli esseri viventi di reagire con efficacia agli eventi di disturbo provenienti dall’ambiente esterno e da quello interno.
L’osteopata individua una disfunzione attraverso criteri di valutazione semplici che considerano tre elementi:
- asimmetria dei segmenti corporei;
- alterazione del range di movimento;
- alterazione della consistenza tissutale.
L’osteopatia, quindi, attraverso un trattamento esclusivamente manuale e non invasivo, cura il problema cercando di ridare alle strutture del corpo la capacità di svolgere la propria funzione nel modo corretto.
La sua applicazione trova quindi impiego in tutte le problematiche dell’apparato muscolo scheletrico ma anche su altri disturbi ad esso connessi per tutte le correlazioni fasciali, neurologiche, neurovegetative.
Il corpo tenta continuamente di compensare su altri distretti articolari per eliminare un dolore, questo determina in molti casi un alterazione della postura e la presentazione della sintomatologia algica su un distretto corporeo che potrebbe non corrispondere con l’origine del dolore.
Durante la seduta ed il trattamento l’osteopata si occupa dell’aspetto meccanico e neuro-fisiologico dell’individuo.
L’aspetto che completa il tutto è la palpazione dei tessuti.
Si dice infatti che le mani dell’osteopata devono "sentire, pensare e vedere”.
Dal "World Osteopathic Health Organization" (WOHO)
L'osteopatia è un sistema affermato e riconosciuto di prevenzione sanitaria che si basa sul contatto manuale per la diagnosi e per il trattamento. La relazione tra il corpo, la mente e lo spirito sia in salute che nella malattia: pone l’enfasi sull’integrità strutturale e funzionale del corpo e sulla tendenza intrinseca del corpo ad auto-curarsi. Il trattamento osteopatico viene visto come influenza facilitante per incoraggiare questo processo di auto-regolazione.
I dolori accusati dai pazienti risultano da una relazione reciproca tra i componenti muscolo-scheletrici e quelli viscerali di una malattia o di uno sforzo.
Una specializzazione dell'osteopatia è l'osteopatia fasciale ovvero "FDM" ( modello della distorsione delle fasce ) secondo Steven Typaldos.
"L'osteopatia è la regola del movimento, della materia e dello spirito, dove la materia e lo spirito non possono manifestarsi senza il movimento; pertanto noi osteopati affermiamo che il movimento è l'espressione stessa della vita".
(Still, A.T., 1892) (in base ad articolo di Remo Marchioro )
Si presenta il calciatore con i legamenti crociati di ambedue ginocchi rotti, uno già operato, ma rotto di nuovo.
Che è successo?
- il ragazzo ha un difetto di postura nel senso di rotazione delle assi delle gambe
- l’intervento chirurgico non ha tenuto conto di niente, né del difetto delle assi, né della mancata preparazione quindi con una muscolatura tutta ridotta, tipico per la fase postraumatica
- gli fanno male i ginocchi, perche indeboliti, assottigliati, inizio di logoramento della cartilagine con scrocchi e incongruenza delle rotule
Cosa abbiamo fatto?
- osteopatia delle fasce per vitalizzare la muscolatura
- glucosamina ed iniezione di acido ialuronico
- dopo qualche settimana inizio di un allenamento mirato della muscolatura delle gambe, del bacino e del tronco.
Oggi, dopo tre mesi il ragazzo sta bene, continuerà l’allenamento e si ripresenterà fra altri tre mesi alla seconda operazione di ricostruzione di uno dei legamenti. L’intervento questa volta avrà pieno successo!
La glucosamina è uno degli integratori più conosciuto del mondo: milioni di persone la usano e non senza ragione:
La glucosamina combatte l’artrosi!
Frena l’assottigliamento della cartilagine in articolazioni
come il ginocchio e l’anca ma anche le altre articolazioni
ne traggono beneficio.
Contribuisce alla formazione di cartilagine sana.
Allevia il dolore!
Migliora la lubrificazione delle giunture e rende perciò le articolazioni più agili.
Non ha gravi effetti collaterali al contrario di antidolorifici o antinfiammatori.
È usata da più di quaranta anni con successo.
Diversi studi scientifici ne provano l’efficacia.
Si nota l’effetto benefico già dopo alcune settimane d’uso; il miglioramento raggiunge l’apice dopo alcuni mesi d’uso.
Chi soffre di artrosi o di articolazioni rigide e dolorose ha con la glucosamina la soluzione a portata di mano.
2/3 dei consumatori di glucosamina sostengono di trarre (molto) beneficio da questo integratore. Beneficio che si ottiene però con la giusta forma di glucosamina, glucosamina di qualità e con il corretto dosaggio.
Punti di forza di una preparazione adatta di glucosamina:
È fornita come solfato di glucosamina, la forma di glucosamina più testata e diffusa.
I dosaggi sono alti ed esatti: 1500 mg di solfato di glucosamina il giorno
Le informazioni sull’etichetta sono in italiano
I prezzi contenuti
La glucosamina è fornita in capsule. Il vantaggio delle capsule rispetto alle pastiglie è che il corpo le assorbe più rapidamente, rendendole più digeribili.
Le capsule si possono eventualmente aprire e la polvere di glucosamina può essere sciolta in acqua, succo di frutta o prodotti caseari.
La glucosamina è una sostanza presente in natura nel nostro fisico, un’importante elemento del corpo umano. La glucosamina è utilizzata per la crescita e il buon mantenimento delle cartilagini, della capsula articolare, di tendini e altri tessuti connettivi. Contribuisce inoltre al mantenimento del liquido sinoviale.
Una volta sospesa l’assunzione, la protezione estesa dall’integratore alimentare diminuisce e dopo qualche tempo gli effetti svaniscono del tutto. Per questo molte persone scelgono di assumere la glucosamina senza interruzioni, il che non crea problemi.
Una ricerca su un uso prolungato di questa sostanza (3 anni) non ha rilevato alcun effetto collaterale grave. Gli effetti di un’assunzione per un periodo maggiore non sono stati studiati, ma non esistono elementi che facciano supporre conseguenze diverse dai leggeri effetti collaterali che alcune persone riscontrano durante le prime settimane di assunzione. Al di fuori degli ambienti scientifici la glucosamina è disponibile da più di venticinque anni come integratore alimentare. In tutto questo periodo non sono stati registrati effetti collaterali gravi.
Consigliata è l’associazione con condroitina:
Per un effetto fisiologico ancora migliore è possibile combinare il solfato di glucosamina con il solfato di condroitina. La condroitina ha un forte effetto proprio, ma è soprattutto conosciuta perché rafforza l’effetto della glucosamina! La superiorità di questa combinazione è corroborata dalla ricerca scientifica: il grande studio indipendente americano GAIT del 2005.
La glucosamina è estratta dalla corazza di alcuni crostacei, per la precisione da gamberi e granchi.
Dosaggi alti e corretti:
Spesso le dosi di solfato di glucosamina sono troppo bassi.
La ricerca scientifica ha dimostrato, che 1500 mg di solfato di glucosamina il giorno (1190 mg di glucosamina elementare) sono una dose efficace.
Uso Consigliato
Si consiglia di assumere due capsule di solfato di glucosamina il giorno. Le capsule possono essere prese insieme o suddivise durante la giornata. Si consiglia di assumere le capsule durante i pasti o con abbondante acqua.
L’artrosi è una delle più comuni malattie degenerative reumatiche e rappresenta una voce di costo elevata per la salute pubblica.
Attualmente la comune terapia per l’artrosi prevede la riabilitazione muscolare, la perdita di peso, l'uso di FANS e le iniezioni intra-articolari di cortisonici o di acido ialuronico. La terapia con farmaci anti-infiammatori può comportare importanti effetti collaterali.
L'acido ialuronico (HA) è una molecola naturale che gioca un ruolo importante nella articolazione; essa è attivamente sintetizzata dalle cellule sinoviali ed è responsabile delle proprietà viscoelastiche del liquido sinoviale, contribuisce ai meccanismi di lubrificazione nelle condizioni di carico e protegge parzialmente il tessuto dalla penetrazione di cellule infiammatorie o dagli enzimi litici. Molte osservazioni hanno documentato che il liquido sinoviale nei pazienti artrosici è più povero sia di elasticità che di viscosità. L'iniezione intra-articolare di acido ialuronico chiamata viscosupplementazione (5), è ampiamente usata nell'artrosi del ginocchio e serve a restaurare le proprietà fisiologiche del liquido sinoviale. Molta e abbondante è la letteratura al riguardo.
Le linee guida dell’ "American college of Rheumatologists" (ACR) suggeriscono che l’uso della terapia intra-articolare con acido ialuronico è indicato nei pazienti che non hanno risposto ad un programma di terapia non farmacologia e/o di semplici analgesici e che la terapia intra-articolare può risultare particolarmente vantaggiosa nei pazienti in cui i FANS sono controindicati o siano risultati inefficaci.
Negli ultimi 10 anni sono stati eseguiti rigorosi studi clinici controllati e a doppio cieco che hanno mostrato come la somministrazione per via iniettiva di HA per 3/5 settimane nel ginocchio artrosico sia superiore, in termini di efficacia, rispetto alla soluzione fisiologica, all’artrocentesi, ed alle terapie a base di FANS. Gli effetti indesiderati osservati nei gruppi trattati sono stati principalmente di tipo locale: dolore, sensazione di pesantezza nel punto di iniezione, ma gli stessi effetti sono stati anche osservati nel gruppo trattato con placebo. Tali effetti osservati sono stati transitori e si sono risolti spontaneamente. Non sono state riportate in nessuno di questi studi interazioni farmacologiche nocive.
In letteratura sono descritte applicazioni per molte articolazioni del corpo.
Io mio sono specializzato all’iniezione del ginocchio, di cui ormai vanto un’esperienza di 20 anni, riesco rendere l’iniezione pressoché indolore, ho ottenuto quasi sempre benefici per il paziente anche a lungo termine, non ho mai riscontrato effetti indesiderati ne a causa di una eventuale intolleranza al farmaco ne dovuto a un infezione dell’articolazione. Quest’ultimo effetto si deve al procedere secondo i standard clinici con assoluta sterilità e riduzione del traumatismo della puntura al minimo inevitabile.
La terapia d’iniezione di acido ialuronico si accompagna di norma all’apporto per somministrazione orale di compresse in base a glucosamina e condroitinzolfato.
L’abbinamento della terapia di condroprotezione con la riprogrammazione posturale ed eventualmente con attività riabilitative aumentano l’effetto per l’articolazione compromessa.
L’osteopatia del dolore si basa sul “modello della distorsione delle fasce” di Steven Typaldos dalle isole Hawai. È un approccio talvolta anche doloroso, però altamente efficace a riparare le lesioni delle fasce muscolari, il sistema di sostegno e sincronizzazione più importante nel sistema del movimento, quindi della muscolatura, delle articolazioni, della colona vertebrale. Riesce a lenire indurimenti e dolori anche di vecchia data e toglie crampi o disfunzioni muscolari anche all’istante.
Segue alla tipologia,classificata da Steven Typaldos, il grande creatore del FDM, delle possibilità di distorsione o malposizione delle fasce e delle loro inserzioni.
Si distinguono alcuni modelli di patologia sempre ricorrenti. I più importanti sono:
- Le “fasce trigger”, percorsi di dolore longitudinale
- La “distorsione di continuo”, dolore acuto e lancinante a livello dell’ inserzione tendine-osso
- I “piegamenti” delle fasce incongruenti, che disturbano il gioco articolare
- I “cilindri”, che danno sensazioni di parestesia (formicolio, dolori soggettivi)
A ciascuno di questi modelli appartiene un linguaggio appropriato del corpo leso, molto particolare e impressionante, che ci guida verso la diagnosi e la cura giuste.
In questa maniera anche dolori e inabilità di vecchia data possono sparire con pochi trattamenti.